A causa della sua stessa indegnità, questa parte della popolazione è mal definita nei testi sacerdotali classici. Ci si riferisce a loro come gli Ultimi nati, i Bassamente nati o i Tenuti lontani dai vasi rituali. Sono i Paria, gli intoccabili, i fuoricasta del sistema.

Sono, gli ultimi nati, quelli che noi chiamiamo in epoca moderna i Paria o intoccabili. O, come volle ribattezzarli Gandhi, gli Harijan, i figli di Dio.

 

Essi comprendono una serie di gruppi sociali, fra cui quello dei Chandala è il più

frequentemente citato. Tutti i fuoricasta praticavano mestieri disprezzati, o anche disapprovati per quanto necessari, sia perchè attentavano alla vita umana o animale, sia perchè la loro pratica portava ad una macchia rituale. Tali erano cacciatori, pescatori, macellai, conciatori, becchini, venditori di liquori, spazzini e, in certe epoche, anche cestai e carrai; ma la causa della loro impurità intrinseca può originare anche nelle loro abitudini alimentari tradizionali. Vivevano in villaggi a parte o in quartieri perifierici e parlavano una lingua imbastardita, quasi un dialetto. Vestiti teoricamente degli abiti presi ai cadaveri ( erano spesso boia o becchini ) i Chandala si nutrivano in stoviglie rotte ed avevano diritto solo ad ornamenti in ferro. L’uccisione di uno di loro costava a un Brahmano la stessa penalità dovuta per la soppressione di un cane. Identificati dalla società come quanto di più vile vi era nella specie umana, essi dovevano scrupolosamente evitare di insozzare col loro contatto i membri delle caste, e perfino di offrirsi alla loro vista. Per questo circolavano fuori dai loro villaggi e quartieri, facendo risuonare delle nacchere per avvertire i nati due volte, gli appartenenti alle 4 caste, del loro avvicinarsi. Quando per caso un uomo di casta gettava lo sguardo su uno di loro era obbligato a compiere poi dei riti purificatori; accorgendosi di aver guardato anche inconsciamente un chandala, il suo primo gesto era quello di voltarsi in tutta fretta; poi di bagnarsi gli occhi con acqua profumata per difendersi dal malocchio; in seguito doveva astenersi dal cibo per tutto il giorno. La sua paura di essere insozzato era così forte che egli temeva perfino di essere sfiorato dal vento che, prima, avrebbe potuto passare sul corpo di un chandala, o anche che l’ombra di uno di questi miseri avesse fatto da schermo tra la propria persona e il sole. Dal canto suo, il chandala era ritenuto responsabile di aver provocato l’impurità altrui, anche quando l’avesse fatto involontariamente; era meglio per lui fare molta attenzione, perchè l’ira degli uomini di casta non si abbattesse su di lui. La colpa gli avrebbe assicurato inoltre una rinascita nel corpo di un animale, allontanando così notevolmente il momento in cui avrebbe potuto liberarsi dal ciclo delle rinascite, se mai vi fosse seppur giunto. A maggior ragione era impossibile per un uomo di casta dividere il pasto con un chandala, anche se ciò avesse significato morire di fame.

 

Nella stessa categoria dei fuoricasta erano inclusi gli stranieri, pur senza subire lo stesso trattamento; tuttavia la non appartenenza al Dharma e la non conoscenza dei Veda li rendeva di fatto intoccabili. Venivano chiamati Mleccha, storpialingua, esattamente come i Barbaròi dell’antica Grecia. Molti di essi erano semplici viaggiatori, arditi mercanti, avventurieri in cerca di fortuna, ma ad essi sono assimilati anche gli ambasciatori, i delegati ufficiali, i monaci, gli studiosi e i letterati venuti a visitare l’India a insegnare o imparare, particolarmente nelle università buddhistiche. Col tempo, il termine Mleccha si applicherà maggiormente agli invasori musulmani. Benchè si onorassero convenientemente i nobili stranieri, non si potevano infrangere nemmeno nei loro cronfronti certe regole fondamentali: i riti di ospitalità, per esempio, non potevano essere completi quando essi venivano ricevuti in casa di brahmani e nessuna persona di casta poteva mangiare in loro compagnia. In alcuni rari casi vi fu però una vera e propria indianizzazione degli stranieri: essi furono allora introdotti in una casta, talvolta elevata, e assimilati alla società indiana. Fu questo, con ogni probabilità, il caso dei clan Rajput.E’ sempre bene ricordare che, nonostante la Costituzione Indiana vieti queste discriminazioni,e che grandi personalità tra gli intoccabili abbiano raggiunto le più alte posizioni nella società indiana, l’antico sentire nei confronti dei fuoricasta, da parte degli ampi strati tradizionalisti della popolazione, non è a tutt’oggi minimamente cambiato.